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Un anno senza Instagram

Updated: May 11, 2022

È più di un anno che ho cancellato la app di Instagram dallo smartphone e non posto nulla. Forse ho fatto una storia/sondaggio mesi fa perché mi serviva qualcosa, e una storia per una mia cliente, ma niente di più. Beh, la grande scoperta è che, dopo un anno senza Instagram, sono ancora viva. Ma non solo.


fascio di luce riflesso su un muro colpisce un quadro con stampa rossa
Il mio corridoio una mattina d'autunno

Sarò banale, molto banale, ma ho maturato questa decisione oltre un anno fa dopo aver visto il tanto discusso The Social Dilemma, aver ascoltato un po' di cose di Simon Sinek, dopo aver letto quello che dice Rita Bellati a riguardo (soprattutto dal punto di vista lavorativo, dell'indicizzazione dei contenuti, ma non solo), e dopo essermi osservata e aver scoperto che non volevo più incarnare i vizi di quel sistema.

Ci sono alcuni tra i miei amici che non usano i social, e a un certo punto mi sono accorta che li invidiavo moltissimo. E che desideravo maggiore libertà, rapporti più veri, e avevo bisogno di guardare più a me stessa che a quello che facevano gli altri.

Avevo bisogno di guardare ai miei piccoli traguardi quotidiani (non quelli sbandierati stile Linkedin, dove tutti salvano il mondo) piuttosto che alla comparazione continua con post che mostrano solo il meglio delle vite delle altre persone, secondo le stesse e - non dimentichiamolo - secondo i brand il cui compito è venderci uno stile di vita fatto dei loro prodotti.

Ecco, dopo un anno senza Instagram, che cosa ne ho ricavato.



1. Un maggior senso del presente


Imponendomi di non pubblicare, ho recuperato un maggior senso del presente. Mi sono accorta che vivevo i momenti della mia vita guardandoli con il filtro del post che avrei scritto, della foto che avrei postato.

Guardo gli occhi di mio marito, la panciotta di mio figlio, le foglie che diventano rosse, e mi dico che quel regalo è per me, che quell'istante è regalato a me perché me lo goda al 100%, invece di correre subito a fotografarlo, a rielaborare mentalmente il copy del post che scriverò e a pensare a come le persone potrebbero reagire (e con quanti like).

2. Freedom is addictive


Ho particolarmente gustato la libertà che deriva dal non far sapere a tutto il mondo dove sono e cosa faccio. Una libertà di cui poi non ho più potuto fare a meno. Lo trovo quasi un atto ribelle.


bambino con stivaletti antipioggia si nasconde dietro a un ciuffo di carote
Un po' come nascondersi dietro a un ciuffo di carote.


3. Ciao, ti pensavo, come stai?


Ho particolarmente amato gli amici che mi hanno scritto un messaggio o mi hanno chiamata perché mi pensavano. "Ciao, ti pensavo, come stai?". E da lì parte una telefonata, un vocale, o uno scambio di messaggi invece che una mezza battuta sotto una foto e basta. Dopo oltre un anno a non poter abbracciare nessuno, ho capito che il contatto di cui ho bisogno io è ben altro che uno scambio di battute.



4. Più tempo


Ho scoperto che ho molto più tempo di quel che credevo. Non scrollo più compulsivamente ogni volta che ho 5 minuti, e piuttosto occupo quel tempo facendo qualcos'altro che sia interessante per ME. Nei buchi tra un'attività e l'altra, ho una lista di blog su cui passo quando mi va. Mentre navigo, salvo tutti i siti che mi interessano su Pocket, e quando ho modo, invece di scrollare e subire contenuti che non controllo e non scelgo, vado a leggermi quello che ho precedentemente salvato.

Blog, articoli, podcast o canali YouTube per ridere, informarmi, viaggiare senza spostarmi, sentirmi meno aliena, trovare soluzioni pratiche, sapere cosa cucinare, recuperare la calma, e altro... Mi sono iscritta alle newsletter e quando ci sono novità vengo avvisata ad hoc nella mia inbox.


Non scrollo più per niente? Certo che scrollo, qualche volta accedo da desktop e controllo se ho DM e/o cosa fanno gli account che più mi interessano. Capita che perda la bussola e mi lasci andare a uno scrollare incontrollato? Sì, ma evitarlo mi ha allenata così tanto, piano piano, a riconoscere subito quando lo sto facendo senza una vera intenzione, che riesco sempre più facilmente a tornare su quello che stavo cercando o... a chiudere la finestra del browser. Una volta ne parlavo con una persona molto saggia che mi ha detto: "È un esercizio di mindfulness, ogni volta che ti accorgi che stai andando fuori strada coi pensieri, torna sul focus, senza giudicarti".



5. Inspira. Espira.

Ho molto più controllo della mia bile e del mio umore. A me, per come sono fatta, basta in genere una scrollata di 6 post per farmi sentire invidiosa, esclusa, sciatta, incazzata, vecchia, stupida, inconcludente, fallita, pigra, una mamma di merda, e così via.

Aver chiuso quel canale di confronto continuo e - per me - tossico, non significa però non avere più stimoli a migliorare. Semplicemente, gli stimoli me li vado a cercare ad hoc. Decido io come mi devo sentire durante il giorno, e non il feed, tantomeno i post sponsorizzati dei tappeti, delle tazze, e delle tecniche di parenting norvegesi per cui come ti muovi pesti una merda.



6. Mi spiego meglio, e in modo più vero


Dopo questo anno di "digiuno", ho realizzato che anche il modo in cui raccontavo a me stessa quello che succedeva avveniva in una sorta di "frammentazione del pensiero".

La narrativa che avevo iniziato ad usare per interpretare la realtà iniziava ad essere troppo sintetica, troppo semplificata, anzi, semplicistica. La vita è fatta di contrasti che coesistono e di complessità, e gli elementi che la compongono non sono tutti condensabili in un tweet, o in una caption, per quanto lunga.

Limite mio, di nuovo, ma aver recuperato una dimensione più lunga della scrittura mi permette di includere nella visione d'insieme più elementi, e quindi più verità.



DISCLAIMER

Questo discorso va bene per me, e va bene per la me di questo momento. Ognuno è libero di usare lo strumento come vuole. Non giudico nessuno. Solo, mi godo la mia libertà. Di nuovo: freedom is addictive.


Domanda legittima: Lucia, tu ci hai lavorato parecchio, a scrivere i post su Instagram e Facebook. Tutto questo vuol dire che non lo farai più? Pensando al tuo lavoro di freelance copywriter... e se ti capitasse un lavoro in cui devi scrivere per IG?

La risposta è che ho sentimenti contrastanti. I brand su Instagram ci devono essere, non c'è dubbio. Ma è anche vero che in quasi 2 anni di freelancing ho prevalentemente scritto siti e proposte di campagna, e non mi sono capitati piani editoriali. Quindi il problema si pone fino a un certo punto. Se si porrà, vedremo.


E poi quest'anno (2021) ho fatto il lavorone di migrare questo blog da Paranoia soup a qui, in modo che fosse indicizzato e collegato al mio sito, perché non fosse solo uno strumento di sfogo creativo mio ma fosse a disposizione di tutti quelli a cui i miei contenuti possono interessare. Inoltre, a fare questa operazione sto imparando il SEO mettendo le mani in pasta (e l'anno prossimo seguirò il SEO Bootcamp di Sparkylab per una formazione più approfondita).


Screenshot di blog chiamato Paranoia Soup con intestazione e ultimo post
Paranoia Soup: il blog su Tumblr (già) che ho avuto dal 2012 al 2021: ora ho migrato tutti i post su questo blog.

Questo post si potrebbe commentare con un bel: "Brava te, ma a me che me frega di tutto questo? Io c'ho il diesel"(cit.). Non voglio convincere nessuno né gloriarmi di questa scelta che magari tra un mese non funzionerà più. Volevo solo spiegare perché il mio account Instagram è così sfitto e perché per un po' starà bene così.

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