![](https://static.wixstatic.com/media/804844_ce814b96026044b8b9986dd553f79e51~mv2.jpg/v1/fill/w_980,h_980,al_c,q_85,usm_0.66_1.00_0.01,enc_auto/804844_ce814b96026044b8b9986dd553f79e51~mv2.jpg)
In zona Victoria, nello spartitraffico dei pedoni dove hanno da poco re-installato Little Ben, una sorta di Big Ben in miniatura, c'è quasi ogni giorno un barbone senza barba. Potrebbe avere la mia età (quindi è molto giovane). Quando chiede l'elemosina non la chiede semplicemente buttato per terra, ma sta seduto, avvolto in una coperta, prende sempre un cono rosso di quelli che mettono in strada quando fanno i lavori, e lo usa come megafono e ci canta dentro. Il suo repertorio è formato da tre canzoni, a rotazione: la sigla dei Flintstone (motivo per cui tra me e me lo chiamo Flintstone), When the Saints Go Marching In e Wonderwall degli Oasis. I passanti fanno i seri, ma canticchiano con lui.
Ha gli occhi grigio ghiaccio, puliti e lucidi come la neve. Ha lo sguardo distante e assente. Forse ha qualche rotella fuori posto. Quando gli do una moneta, cerco di guardarlo negli occhi, come mi hanno insegnato. Quando gli do una moneta e lo guardo negli occhi, a volte, dopo ore di pesci in faccia in ufficio dati, ricevuti ed autoinflitti, mi sembra il gesto più umano della mia giornata.
Comments