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La Circle Line è appena passata

Updated: May 12, 2022


La Circle Line è appena passata - un racconto

La Circle Line è appena passata, la linea gialla è sempre lì da non superare, al lavoro abbiamo saputo che un collega sabato ha avuto un infarto.

Vado a cambiare un profumo, ancora chiuso, sul quale ho cambiato idea durante il weekend. Anche il mio stomaco è chiuso, sia per la notizia, sia perché ho appena notato che a Victoria i fiori vicino alla fermata della metro odorano di panino del vicino McDonald.

Sloane Square suona di clacson, e come le mie tempie pulsa di tacchi, voci, passi, bip dei semafori per non vedenti, e motori dei bus che aspettano che i pedoni passino.


Questa la mia pausa pranzo di corsa in una giornata grigia, che mi ha ingrigito anche i capelli, e non poteva che farmi venire il mal di testa. La commessa dai capelli biondi e le labbra anche peggio mi cambia la confezione del profumo e mi annuncia che c’era una differenza di 33 pound. Is that ok? Al senso di colpa per aver già pagato troppo una cosa inutile come un profumo, si aggiungono altri 33 pound di senso di colpa, insieme a tutte le voci che da anni popolano il parlamento dei miei pensieri, maggioranza e opposizione. Te lo meriti. Ma sai quante altre cose ci puoi fare con quei soldi? È un regalo di mio marito. Sì, ma comprato coi soldi che risparmiamo insieme. E che cazzo pensi sempre ai soldi. È questa città che fa sì che non si parli d’altro.

Non volendo fare la figura di quella che si tira indietro davanti ai 33 pound, li pago e me ne vado. You’d better like this fucking perfume intima lo speaker del parlamento.


Supero i tornelli e mi dirigo verso sinistra, in direzione Victoria, e sui gradini vedo una vecchia con un passeggino. Mi avvicino, chiedo se ha bisogno di una mano per portarlo giù. Quando mi accorgo che sul passeggino non c’è un bambino, ma una bottiglia d’acqua e qualche peluche. Quando mi accorgo che la tela del passeggino è lurida, così come l’abito che la signora porta. Quando mi accorgo che la signora è senza denti e non è una vecchia, ma semplicemente una donna consumata anzitempo. Quando tutto questo succede, beh, mi sembra troppo tardi per tirarmi indietro. Così con due dita prendo l’asse del poggiapiedi del passeggino (cercando di toccarlo per meno superficie possibile, perché mi fa anche un po’ schifo), e comincio a portarlo giù. Ma lei fa resistenza, non scende e mi parla, mi dice qualcosa in inglese stretto e senza denti. Il mio mal di testa, la confusione, il sentirmi in una bolla come mi capita da un mese. Visto che dopo il mio Sorry, what? ripete la cosa nello stesso modo, e io nello stesso modo non capisco niente, mollo il passeggino, le dico di nuovo sorry e scendo le scale velocemente, abbandonandola lì tra i passanti che non avrebbero notato comunque la scena.


Arrivo alla banchina e cerco un posto dietro a una colonna, un po’ nascosto, così da non rischiare che mi veda, e magari mi redarguisca su quello che ho fatto.

Ripenso a quell’altra signora, vecchia sul serio, con la sua pelliccia leopardata e i capelli appiccicati al viso, accanto a cui ero seduta quella volta, sempre sulla Circle Line. Quella che mi ha attaccato bottone e mi ha raccontato tutto di sua figlia. Ripenso alle incongruenze del suo discorso e cerco di individuare il punto esatto della conversazione in cui ho capito che non era cento per cento. Come oggi. Il punto è stato visivo stavolta. L’eccentrico mi affascina, ma quando trovo il limite, la crinatura, lì dove si crea una breccia nella normalità, allora le acque si dividono: qualcuno da un lato, qualcuno dall’altro.


Non me ne vanto. Ecco, sono di nuovo a Victoria. Mentre torno in superficie, uno di quegli annunci inutili che ti dicono di usare l’ascensore se hai le valigie, mi ricorda quanto sia stupido il sistema del lavoro, e quanto sia inevitabile sottostarvisi.



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