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E... sto bene.

Updated: Apr 27, 2022



Dire che questa mattina è stata salutare, è dire poco. Appena alzata ho mangiato pane e marmellata (solo perché la Nutella era finita) e bevuto una tazzina di caffè. Ho camminato mezzora ascoltando un podcast in inglese per arrivare alla Library di Willesden Green, un posto che potremmo definire “cosmopolita”, con un eufemismo, dotato di una biblioteca pulitissima, coloratissima e che fa un sacco di attività belle e buone, come corsi di inglese gratuiti per gli immigrati (di cui faccio parte) e… rullo di tamburi… il corso di Zumba. Quindi partecipo. Mi lascio motivare in inglese dall’istruttrice “Let it go! Let it go! Legs up! Hips hips hips!” finché senza fiato lascio che due ragazze più o meno mie coetanee mi si presentino: una spagnola (Barbara) e una tailandese (Tina).

[Seguirà, presto o tardi, un post sui tipi da lezione… ce n’è da raccontare!]


Tant’è. Torno a casa camminando un’altra mezzora ascoltando sempre il mio podcast e mi accorgo di quanto la giornata sia bella. Tira un vento forte, ma il cielo è azzurrissimo e il sole, con un po’ di impegno, potrebbe anche abbronzare, ma soprattutto illumina tutto e fa brillare i colori.

Poi penso al lavoro che mi aspetta, a casa (uno script da pensare e buttare giù). E mi vengono in mente tutti i giorni di sole passati dietro la finestra di un ufficio, negli ultimi 6 anni. In ciascuno di quei giorni di sole, ognuno, senza saltarne nessuno, mi chiedevo, dal di qua della finestra: “E a me questo giorno di sole chi me lo ridà?”.

Il fatto è che qui il sole sembra ancora di più un regalo quando c’è, e oggi grazie al cielo avevo la possibilità di godermelo tutto. Non voglio fare un elogio al freelancing o alla disoccupazione, ma mentre camminavo ho pensato che non lo so se tutti i giorni di sole passati in ufficio mi saranno mai restituiti, ma di sicuro oggi c’è il sole e di sicuro ci sto camminando dentro. E me la devo godere tutta. Anche per i giorni di sole trascorsi davanti al computer.

Passiamo così tanto tempo a lamentarci (io compresa) che, certe volte, riconoscere quando si è felici e dirlo, diventa un atto trasgressivo. E mi rendo conto che all’andata non ho notato nulla di tutto questo, che ho camminato quasi guardandomi i piedi per tutto il tempo (ho anche delle scarpe da ginnastica brutte, del Decathlon, ma le più brutte).

E ha iniziato a suonarmi nella testa la canzone di Gaber:

“E sto bene/sto bene come uno quando sogna/non lo so se mi conviene, ma sto bene/che vergogna/ […] È come se improvvisamente/mi fossi preso il diritto di vivere il presente”.

A casa me so magnata il pane con l’avocado, insalata e pomodori, tanto per continuare con il salutismo. La conseguenza è che sono le 4 e sono già pronta per cenare, invece mi separano ancora almeno 4 ore dall’hambuger birra e patatine di stasera. L’altro lato della salute. Salute!

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