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Amalia era affetta da sindrome di Google

Updated: Jan 4, 2023




Amalia era affetta da sindrome di Google. “Brutta storia. Troppa scelta” le aveva detto il dottore. “L’unica cura per te sarebbe che ti trasferissi in una grotta isolata sulle Ande. Se vuoi te la prescrivo”. “Se ci dipingo dentro il mio codice fiscale poi la posso scaricare?” aveva risposto lei, esasperata. Pagò la sua parcella, e arrivò per tempo in biblioteca.

Fece la lista delle cose da fare per la tesi: erano così tante, che decise di non farne nessuna. Fece un giro per i corridoi dell’università, alla ricerca di qualcuno con cui parlare, ma intorno a lei camminavano come particelle impazzite ed erano così tanti, che, senza fermare nessuno, tornò a sedersi davanti al suo computer.

Fu pomeriggio, e poi fu anche sera, e fu cacciata dall’aula studio dai bidelli, dopo aver fissato lo schermo per tre ore. Uscita dal portone dell’università, si accorse che c’era ancora il sole.


I negozi erano ancora aperti, i parchi erano ancora aperti, i caffè erano ancora aperti. Quelli in centro, quelli a Milano nord, Milano est, Milano ovest, Milano sud. Una stretta felpata le cinse lo stomaco. Che fare, davanti a tante possibilità? Se ne andò a chiudersi in casa.

Ma prima: la spesa per la cena. Davanti al bancone della verdura tra il verde, il giallo, il rosso, l’arancio, il viola… passò oltre, al bancone dei biscotti. E tra il cioccolato, il burro, la crema, la marmellata, passò oltre, agli scaffali dell’igiene personale, e tra il milione di tipi diversi di spazzolini, passò avanti. Uscì dalle casse a mani vuote, con la solita stretta di feltro allo stomaco.

Tornò a casa e accese la TV. Rimpiangeva la vecchia TV a 7 canali, ora che col digitale terrestre ne aveva a disposizione un centinaio. Poteva vedere quello che voleva, spaziando dalla storia all’arte, dalla moda alla spazzatura. E così spense la TV. E aprì Facebook. Scorrendo la home trovò molti link interessanti postati dagli amici, ma non ne aprì nessuno, perché… e se sotto ce ne fosse uno più interessante? E sotto uno più interessante ancora? E ancora? E ancora? E ancora? E se scrollassi all’infinito?

TAC! Chiuse compulsivamente il computer e prese in mano il proprio smartphone: aprì Whatsapp. Una lista di possibili contatti con cui parlare, uno sotto l’altro, ognuno con la propria foto e ognuno con l’ultima frase scritta per lei, che doveva rispondere. A chi rispondere per primo?

A nessuno: aprì il frigo per farsi qualcosa da mangiare, anche se lo straccio di feltro non le si sbrigliava dallo stomaco. E il sole era ormai tramontato.

Aprì il frigo, e dentro c’era una cosa sola. Un pacchetto di biscotti di cialda, vecchiotti. Li avevano portati Simone e l’Alice d’estate, quando erano venuti a cena. Solo quelli, in tutti e 4 gli scaffali deserti del frigo.



Li prese senza pensarci e, seduta per terra, davanti al frigo aperto, li mangiò senza neanche sentirne il sapore, sgranocchiando la pasta molliccia e possa e fissando le goccioline sul fondo, che scivolavano giù.

D’un tratto però, tra il ronzìo del frigo, gli allarmi provenienti dalle macchine parcheggiate, il borbottare della metropolitana sotto terra, il bambino che strillava dal piano di sotto e la vecchia che sclerava dal piano di sopra, distinse un suono familiare: era il suo telefono. Stava squillando, ed era lui. Che da quasi due anni, tra tutte le donne del mondo, aveva scelto lei. Lei che mangiava per terra, lei che non sapeva decidere, lei che di fronte alle infinite possibilità della città, sceglieva quella che pareva non dovesse essere nemmeno contemplata: quella di non scegliere.

Si alzò e aprì l’armadio. Bisognava scegliere come vestirsi uscire per andare a cena, con lui. Con una mano sullo stomaco, per attutire la tenaglia dello straccio di feltro felpato, scelse un abito nero e lo infilò dalle braccia. E Amalia pensò che sì, poteva scegliere, perché era stata scelta.

Tra tutte le macchine che passavano, quella di lui si fermò al suo portone. Lei salì e l’auto sparì nella nebbia di novembre, che rendeva uguali tutte le cose. Tutte, tranne loro.

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